venerdì 4 ottobre 2013

MORRISSEY

Vauxhall and I (1994, Emi) 


Come per altri big nella storia della musica popolare, anche la carriera solista di Morrissey non poteva che scontare la rabbia dei puristi, i quali sempre gli rinfacceranno la rottura del sodalizio col chitarrista Johnny Marr nella straordinaria avventura di gruppo a nome Smiths. Dopo alcune prove da studio velate qua e là da timide hit (Everyday is like Sunday, Suedehead) e avvisaglie di maniera, il quarto album centra un bersaglio che il cantante inglese non sarà più in grado di azzeccare.

Vauxhall and I è raccolta che, pur disinteressata a evocare l’epopea Smiths, in qualche modo ne attualizza la formula. Per felicità compositiva, amalgama della band e ispirazione dei testi l’album è ascrivibile tra le migliori opere pop-rock del decennio, anticipando quell’orgoglio ‘brit’ poi vampirizzato con buona dose di retorica da Blur e Oasis. Dal patetismo post-glam di Now my heart is full allo spleen-indie in Spring-heeled Jim, assistiamo a una parata di umori variegati eppure accomunati da quella privatissima malinconia tipica del cantante, qui ispessita da una maturazione umana che la rende ancor più coinvolgente (Used to be a sweet boy, I am hated for loving). Non mancano episodi più leggeri (The more you ignore me the closer I get), comunque impreziositi da una voce imbevuta in una disarmante bravura interpretativa.

Tre anni più tardi Southpaw grammar azzarderà la virata verso un rock più sperimentale (gli 11 minuti di The teachers are afraid of the pupils), alienandosi buona parte della critica e sancendo il primo passo verso un lento declino artistico, sfortunatamente protrattosi fino ai giorni nostri.

genere: post-glam

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