An electric storm (1969, Island)
Come per tutte le novità, anche l’elettronica, per il semplice fatto di essere una novità, finì con lo stuzzicare l’entusiasmo del business discografico. Così accadde all’unico album dei White Noise, ensemble composto dalla pioniera della musica elettronica inglese nei sixties, Delia Derbyshire, insieme al compositore Brian Hodgson e a David Vorhaus, eclettico bassista con un formazione Classica ma il pallino per la sperimentazione.
Due i pezzi originariamente prodotti e pensati come
singolo; fu proprio il fondatore dell’etichetta Island, Chris Blackwell, ha
spingere il terzetto nella direzione di un full length album, operazione che
richiese un anno e portò la raccolta a un totale di sette brani. Impiegando con
ingegno e un pizzico di genialità l’Ems Vcs 3, primo sintetizzatore prodotto in
terra d’Albione, e fondendolo con il contrabbasso di Vorhaus (la cui timbrica
venne modificata simulando violino e violoncello) sono creati brani in cui il
rumore bianco incontra il formato canzone, alternando rumorismo sintetico a
jingle elementari e giocando, con estro collageistico e umori psichedelici,
agli alchimisti, sicché lo studio di registrazione diviene strumento aggiuntivo
per trasformare suoni convenzionali in esperienze inaudite.
Lo scarso interesse commerciale dell’operazione non impedì ad An electric storm di emergere, nei decenni successivi, come cult album, citato tra i propri ascolti di riferimento da istituzioni dell’elettronica nei nineties quali Orb, Sonic Boom e Add N to (X).
genere: industrial ante litteram