L’esordio degli inglesi Tudor Lodge è il frutto di una semina travagliata durante la quale il duo formato dai cantautori John Stannard e Roger Strevens si separa, subentra alla chitarra e al canto insieme a Stannard tale Lyndon Green e ci si assesta nella formazione in trio con l’ingresso della flautista americana Ann Steuart. La band così formata riscuote un certo successo in storici locali folk quali Les Cousins e Troubadour, finendo per aprire concerti di istituzioni emergenti come Genesis e Fairport Convention.
Nel 1969 viene licenziata l’unica testimonianza ufficiale dei Nostri, che azzeccano una serie di composizioni impreziosite da una sezione di fiati e archi capaci di fare la differenza. Nei solchi che compongono le 12 canzoni qui raccolte è dipinto un affresco in bilico tra atmosfere pastorali e tentazioni psichedeliche, il tutto tracciato col tocco sognante di morbidi arpeggi acustici. It all comes back to me anticipa lo spleen esistenziale del Nick Drake di Bryter Layter mentre Recollection predice l’avvento dei Belle and Sebastian con quasi 30 anni d’anticipo; Willow tree azzarda un incipit informale, per poi planare su un folk da camera di malinconica eleganza.
Sfiduciata dalla mancanza di un più consistente ritorno economico la Steuart lascerà, venendo sostituita per un breve periodo da Linda Peters, poi moglie e partner musicale del chitarrista Richard Thompson. Seguiranno, nel corso dei decenni, alcuni tentativi di riesumazione del marchio, in grado se non altro di rispolverare l’interesse delle nuove generazioni su quell’unico e irripetibileesordio nei sixties.
genere: folk-pop
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