martedì 23 luglio 2013

JEAN- JACQUES BURNEL

Euroman cometh (1979, United Artists)


Gli esordi solisti licenziati da musicisti già attivi in band di successo brillano spesso di un desiderio di superamento dell’esperienza musicale per cui si è noti; ne risultano così album che intendono mettere in luce senza mezze misure qualità compositive e originalità. È questo il caso di Euroman cometh, opera prima di JJ Burnel, bassista della punk band Stranglers.

La visione degli ‘Stati Uniti d’Europa’ minacciati dallo spauracchio della Guerra Fredda si rivela per il tenebroso Jean Jacques piattaforma tematica convincente da cui lanciare una serie di assalti post-punk di grande impatto, perfettamente coadiuvati da un’elettronica synth-rock e dal tipico basso pulsante del Nostro. Dall’ascolto delle 11 tracce in questione emerge il disegno ambizioso ma consapevole di un Burnel fisico eppure intellettuale, bardato di pelle ma in posa davanti al centro nazionale di arte e cultura Georges Pompidou di Parigi (vedasi copertina). Brani come Euromess o Jellyfish parlano un linguaggio androide e dissonante, paragonabili più alle malvagità dei Chrome o dei migliori Devo che al punk dei soliti nomi celebri. Con mezzi assai spartani Burnel ottiene risultati di valore (Freddie Laker e il quasi tormentone ‘arty’ Do the european), aggiornando il vocabolario del rock’n’roll con un cipiglio apolide e dunque inadatto a sterili incasellamenti.
 
Il prosieguo di carriera conterà ancora una manciata di lavori di alta caratura con gli Stranglers fino all’abbandono del cantante Hugh Cornwell nel ‘90, oltre ad alcune avventure in proprio meno fortunate sotto il profilo commerciale ma distanti dal sopraggiungere della banalità.
 
Genere: post-new wave

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