Future Language riassume efficacemente una formula che, portando il r’n’r delle origini ai limiti della cacofonia no-wave, genera un sabba punk dedicato al programma spaziale statunitense. Dall’hard rock in odore free-jazz della titletrack alle divagazioni space con astrazioni chitarristiche a mo’ di assolo in Outside the time, l’album scorre adrenalinico nel fragore del suo artefice; ultimo demiurgo del rock estremo, Von Lmo sbraita elucubrazioni 'science fiction' nella rabbiosa consapevolezza del proprio insuccesso commerciale.
All’indomani da un’indiavolata esibizione al leggendario Max's Kansas City di lui si perdono le tracce. Riapparirà negli Anni ’90, rincarando la dose nei lavori Cosmic interception e Red resistor. Nonostante l'esigua discografia, egli ha generato un culto destinato a crescere, ringalluzzito dalle lodi di istituzioni underground come Foetus, Julian Cope e il frontman dei Suicide Alan Vega, il quale ricorda ancora con paura una performance del Nostro al Max’s.
Genere: no-wave
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