Un’opera unica, Colour green, in bilico tra la bruma della campagna inglese e tedesca. Lo spessore artistico della sua autrice - pur non aspirando alle sofisticatezza di Joni Mitchell o all’austerità nazionalista di June Tabor - rivendica un'ammaliante capacità compositiva avvalendosi solo di una chitarra classica e una voce elegante e felpata (che richiama Nico in Chelsea girl, potendo però vantare su una maggiore padronanza della lingua inglese e del controllo vocale). A ben guardare Colour green non è neppure un album o almeno, non lo fu al tempo in cui venne composto e registrato, con mezzi casalinghi, tra il 1970 e il ’73. Complice un periodo di malcelata depressione e un viaggio a Strasburgo finito sulle alpi liguri, la Baier cavò fuori ispirazione e sintesi per confezionare quattordici canzoni pubblicate solo nel 2006, grazie all’interessamento di J Mascis, leader dei Dinosaur Jr..
I lost something in the hills riassume efficacemente la formula in questione: il cipiglio è quello dell’arpeggio umanistico alla Leonard Cohen, condensato in una linea melodica di crepuscolare beltà. In chiusura, Give me a smile, è impreziosita di per contro dalle sovraincisione degli archi, i quali le conferiscono un mood vicino al Nick Drake più lacrimoso, quello cioè arrangiato dal talento di Robert Kirby.
Nonostante la buona risposta di vendita riscontrata dall’etichetta Orange Twins e la richiesta del seguito a un esordio tanto sorprendente, la misteriosa Sibylle si trincera dietro la propria vita privata, rifiutando di comparire, foss’anche per una semplice intervista.
Genere: british folk
Nessun commento:
Posta un commento