Già sulla carta, il progetto suona intrigante: Robert Quine - sessionman attivo per i tossici Voidoids del punker ante litteram Richard Hell - e Jody Harris - truce chitarrista no-wave per James Chance - si chiudono nello studiolo casalingo del primo decisi a registrare una serie di improvvisazioni strumentali. Muniti di chitarre elettriche, basso, drum machine e pochi altri ammennicoli i due ci danno dentro senza alcun ritegno commerciale, siglando un album d’insostenibile malvagità la cui titolazione della scarna tracklist omaggia gli episodi della serie televisiva The three stooges (in Italia, I tre marmittoni).
La formula si rivela nella sua efficacia a partire dall’incipit in levare di Flagpot jitters, sfregiata da ricami solisti che rimandano alle provocazioni del Lou Reed di Metal machine music. Con la jam metropolitana Termites of 1938 si palesano le coordinate di una fuga sprovvista di alcuna prospettiva di arrivo: alle chitarre perciò, non resta che gettarsi in uno sproloquio orchestrato con l’efficacia della quasi casualità, incarnando gli ultimi scampoli della New York off pronta a trasformarsi nella mecca dell’intellighenzia chic durante gli eighties.
A quest’operazione senza sbocchi né successo alcuno, seguiranno per entrambi decine di prestazioni professionali per nomi illustri (da Reed a Zorn, passando per Tom Waits, Marianne Faithfull e Brian Eno) e qualche sparuto tentativo in proprio. Quine concluderà la propria avventura artistica e umana nel 2004, con un’overdose procuratasi per raggiungere la moglie Alice, morta l’anno precedente.
genere: impro no-wave
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