Ludo (1967, Emi)
Tra le più alte espressioni dell’intellighenzia popolare emerse dai sixties, lo scozzese Ivor Cutler fu insegnante, umorista, illustratore, poeta e compositore, investendo ognuno di questi ruoli con una carica della più geniale stravaganza che sia dato ricordare in terra d’Albione dai tempi di Edward Lear e Lewis Carroll. Lanciato dal dj John Peel e accalappiato nel 1967 dai Beatles per recitare nel loro film Magical Mystery Tour, quello stesso anno il Nostro registra il suo secondo album full-length, con la produzione di George Martin.
Ludo (nome preso a prestito dall’omonimo gioco da tavolo) è collezione che alterna pezzi recitati (davvero spassosi per chi abbia una discreta dimestichezza con la lingua inglese) e brani cantati, nei quali il buon Ivor suona piano e armonium coadiuvato da una scarna sezione ritmica di matrice jazz. Per il suo particolare timbro vocale, le strutture squisitamente essenziali delle musiche e la capacità evocativa dei testi la raccolta si conferma opera fruibile ma di profonda originalità, infarcita da un’agrodolce malinconia evidente in I had a little boat e nella bucolica I’m going in the field.
Presto archiviato come una delle tante bizzarrie ramificatesi a partire dai Fab Four, egli proseguirà nel proprio percorso discografico, penalizzato da una serie di titoli sbilanciati sul versante dei reading, a discapito di quello stile originale ma ficcante di concepire composizione ed esecuzione che sta alla base di un culto che, complice la sua dipartita nel 2006, oggi è in discreto allargamento.
genere: pop-jazz surrealista
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