lunedì 27 maggio 2013

DOROTHY ASHBY

Afro-harping (1968, Cadet)

 
Oggi, nell’epoca del patchwork artistico, sembra assurdo che un tempo certi strumenti non quagliassero con certi generi. Arpa e jazz, a esempio. Se i primi tentativi risalgono alle registrazioni di Casper Reardon negli Anni ‘30 l’arpa, come strumento solista, si emancipò definitivamente solo a partire dalll'arrivo di Dorothy Ashby.

La discografia della Ashby dimostra un utilizzo dello strumento debitore ai fiati bebop ma ben ancorato a una raffinata sensibilità pop. Superiore per tecnica e ispirazione alla più conosciuta Alice Coltrane (sdoganata al grosso pubblico grazie alla partnership musicale e umana col leggendario marito John), in Afro-harping la compositrice statunitense condensa una gamma di umori eterogenei, dalla bossanova della sezione ritmica a speziature psichedeliche godibili e originali in egual misura.

Il fiuto di Stevie Wonder le concesse una momentanea fama di sessionwoman, reclutandola per la meravigliosa If it’s magic contenuta nell’arcinoto album Songs in the key of life. Il resto della sua vita la Nostra lo trascorse scrivendo musiche per i lavori teatrali della Compagnia The Ashby Players, un’istituzione per il teatro ‘black’ di Detroit, in cui il marito John si occupava della regia. Neppure la morte - per un cancro, nel 1986 - convinse l’industria discografica a rieditarne il catalogo coi fasti riservati ad altri jazzisti, celebrati talvolta al di sopra del loro valore effettivo.

Genere: psychic jazz

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